BRUNO CARDINI

Libera_mente

Eroi di Malga Zonta

 Il 14 agosto 44 la zona libera di Posina venne investita dalle prime puntate di un terribile rastrellamento. Per molte ragioni l'inizio avvenne a Malza Zonta, una malga poco a sud di passo Coe sorvegliata da una pattuglia guidata da "il marinaio"

La linea di sorveglianza dell'altopiano era composta da partigiani con scarsa o nulla esperienza, quasi tutti disarmati. L'allarme che potevano dare era quindi solamente a voce. La folta vegetazione e le nuvole basse impedirono alla linea di sorveglianza di dare l'allarme. I tedeschi si infiltrarono tra le sentinelle durante la notte e quando queste se ne accorsero era già troppo tardi. E', a questo proposito, significativo che nessuno del comando della Garemi e nessuno nel successivo dopoguerra abbia mai dato la colpa della strage alle sentinelle.
La malga era al centro di un altopiano adibito a pascolo. La malga non era l'edificio delle foto che era invece la porcilaia. La malga era un edificio a due piani dove a piano terra si lavorava il latte e al piano superiore vi erano i letti degli occupanti.
I partigiani della pattuglia del marinaio erano quasi tutti disarmati. Si dice che solo il marinaio avesse armi. Venivano dalla zona di Malo del vicentino ed erano della banda del Tar. La banda aveva appena subito perdite gravissime sul piano personale: il fratello d l Tar, Ismene (ex combattente di Spagna ) era stato catturato assieme ad un altro e ferocemente torturato nella caserma di Schio da tedeschi e italiani. Prima gli avevavo stretto il cranio con un anello chiodato, poi era stato fatto sbranare da cani feroci, infine gettato in un letamaio ancora vivo. L'altro partigiano non aveva avuto sorte migliore.
Il Comando della Garemi, preoccupato del morale della banda e che la ferocia dei nazifascisti facesse prevalere lo spirito di vendetta sulle logiche militari, aveva ordinato al Tar di recarsi a Posina per rinforzare l'anello difensivo dell'unica zona libera del vicentino. Il Tar aveva prontamemente obbedito e pochi giorni dopo i suoi uomini avevano ottenuto una splendida vittoria sui tedeschi in una battaglia combattuta sul Pasubio accanto alle trincee della grande guerra.

Il marinaio era della banda del Tar (vedi qui le informazioni su questo straordinario personaggio), ma era stato mandato a presidiare l'altopiano di Malga Zonta. Con lui erano stati mandati le reclute partigiane disarmate che erano salite in montagna in conseguenza dei bandi della repubblica di Salò. Le ragioni dell'invio e del disarmo erano semplici: per prima cosa la fame. Dar da mangiare a centinaia di uomini in montagna non era per niente facile; una malga aveva latte e formaggio e bastava un po' di pane secco o di farina gialla per fare la polenta. Una malga aveva sempre il fuoco acceso e in tal modo non bisognava aspettare la pioggia o la nebbia per accendere il fuoco sotto il caliero per fare la polenta. Il fumo del bivacco era infatti un elemento identificativo della posizione per le vedette nazifasciste.
L'altopiano era inoltre il luogo ideale per i lanci di armi da parte degli alleati; ampio, ad alta quota, facile da segnalare di notte con i fuochi. I partigiani disarmati, si pensava, sarebbero stati armati con le armi del primo lancio successivo che si pensava imminente; il marinaio intanto insegnasse loro la disciplina, le tattiche e ad usare le poche armi che si erano tirati dietro.

Quando si accorsero di essere circondati era ormai troppo tardi per una sortita. Quello che avvenne dopo è storia nota, anche perchè vi sono dei testimoni sopravvissuti e, caso eccezionale, tre fotografie.
Bruno Viola, probabilmente anche pensando alle torture di Ismene Manea, non pensò mai di arrendersi, finchè ebbe munizioni sparò e uccise gli assalitori, poi attese che questi entrassero nella malga, ne disarmò uno e continuò a combattere. Finite definitivamente le munizioni gli occupati vennero portati fuori e allineati presso la porcilaia. I malgari con le scarpe e le brache sporche di letame vennero separati (e sopravvissero per raccontarla) gli altri vennero falciati. Nel pomeriggio vennero sepolti nella buca di una bomba della prima guerra mondiale. Vennero esumati nel giugno del 45 e sepolti nei cimiteri dei rispettivi paesi.

 

L'eccidio di Malga Zonta

Vennero fucilati i partigiani

  • Barbieri Marcello
  • Cocco Antonio
  • Cortiana Romeo
  • Dalla Fontana Ferdinando
  • Dal Medico Angelo
  • De Vicari Giocondo
  • Fortuna Bortolo
  • Gasparoni Gelsomino
  • Marcante Giuseppe
  • Marchet Eupremio
  • Scortegagna Mario
  • Tessaro Giobatta
  • Maistrello Angelo
  • Viola Bruno Medaglia d'Oro
  • Zordan Domenico

e i malgari

  • Dal Maso Dino
  • De Pettro Guido
  • Fusco Angelo

Sopravvissero
Bauce Domenico (Menego), anni 40, casaro sulla Malga Zonta, morto a Valdagno il 19.4.1968;
Fabrello Antonio (Toni il Rosso), anni 17; Gino Corneali, anni 16, da Recoaro, emigrato in Francia; Fabrello Giuseppe, anni 22, da Arsiero, morto a 49 anni; Scatolaro Francesco, anni 19, da Arsiero, morto a 63 anni; Fabrello Bruno, di Arsiero, di anni 17; Fabrello Luigi, anni 17, da Velo D’Astico; Brunello Antonio (Tonin) di anni 70,  nella foto alle spalle di Fabrello Bruno; Martini Giuseppe, da Arsiero, anni 24; Ernesto Piccoli, anni 16, coperto da Fabrello Bruno; Storti Bruno, da Recoaro, anni 16, coperto da Fabrello Bruno.

Parteciparono all'attacco al territorio libero di Posina

I territoriali della 2^ e 3^ Compagnia Einsatzkommando Bürger 10-204 - Gruppo operativo Bürger che furono gli autori dell'attacco alla malga
- Ost-
Bataillon 263. – 263° Battaglione dell’Est; i famosi "mongoli" protagonisti di efferate torture durante i rastrellamenti
- Polizei-Freiwilligen-Bataillon Verona - 40° Btg. Mobile “Verona”.
- Polizei-Freiwilligen-Bataillon Tagliamento - 63° Btg. "MM" della Legione “Tagliamento”; qui per vedere la storia di questi italiani traditori
- Marine-Kraftwagen-Einsatz-Abteiung 4. (MKWA 4) - 4° Reparto operativo mobile della Marina da Guerra di stanza a Lavarone (Tn).

 

Che l'attacco sia stato condotto dai territoriali tedeschi di Folgaria e Lavarone e non dalle truppe antipartigiane è intuibile dal comportamento tenuto da questi soldati:

  • Vennero risparmiati delle persone e la malga non venne bruciata. Ciò contrasta con gli ordini operativi dati ai rastrellatori dove "le case entro 50 metri da dove è stato  sparato vanno bruciate e gli occupanti fucilati"
  • Le modalità tattiche di attacco dimostrano che i tedeschi non erano preparati all'assalto a posizioni fisse. In situazioni ben meno pericolose le truppe antipartigiane avrebbero risolto lo scontro con un paio di bombe incendiarie.
  • Le foto vennero consegnate dal sottufficiale Karl Willmann, del comando di Lavarone, ad Annetta Rech di Folgaria.

Perché

Il momento dell’attacco a Malga Zonta va inquadrato nella generale situazione strategica tedesca nell’estate del 1944, si veda la cronologia seguente:

  • Maggio 1944, gli alleati sfondano a Cassino un fronte che li teneva impegnati da ben sette mesi. Due armate tedesche (X e XIV) sono in rotta con perdite gravissime.
  • 5 giugno 1944 Gli alleati liberano Roma, i resti delle due armate tedesche non sono riusciti a bloccare l’avanzata alleata a sud della città sulla cosiddetta Linea Hitler.
  • Giugno-Luglio 1944 i tedeschi tentano affannosamente di allestire una linea di resistenza da Massa Carrara a Rimini (Linea Gotica), nel frattempo i rinforzi che giungono dalla Germania rallentano l’avanzata alleata nella valle del Tevere con una serie di piccole battaglie di arresto e soprattutto con la sistematica e totale distruzione del sistema di comunicazioni nel terreno che devono cedere. Per una profondità di 100 km nella fascia Arezzo-Pescara le linee ferroviarie italiane vengono arate da un vomere attaccato a due locomotori che spezza dietro di se le traversine e piega le rotaie. Tutti i ponti delle strade, nella stessa fascia, vengono fatti saltare, i porti del Tirreno e dell’adriatico completamente distrutti. Oltre alla distruzione del sistema di comunicazione i genieri tedeschi lasciano dietro decine di migliaia di mine e, quando possono, distruggono le infrastrutture della popolazione civile (acquedotti e fognature) in modo che questa diventi un peso per gli alleati.
  • Kesselring non sa che gli alleati stanno ritirando le migliori divisioni per impegnarle nell’operazione Anvil nella Francia meridionale. Crede di avere di fronte 22 divisioni molto ben equipaggiate a cui può opporre 20 divisioni tedesche, ma con un organico che in realtà le riduce a 14. Una parte considerevole delle truppe tedesche deve essere utilizzata a presidio del territorio dove i fascisti stanno dimostrando la loro incapacità. a mantenere oppressa e ordinata la popolazione. Tra addetti al sistema comunicazioni, luftwaffe e altri sistemi territoriali Kesselring ha a disposizione in Italia settentrionale ben 50.000 uomini che però non può impiegare al fronte. Nelle valutazioni dell’alto comando tedesco si dubita di poter tenere la linea Gotica.
  • Nel caso di caduta della linea gotica le Alpi e il vecchio fronte trentino e friulano sono un bastione che nel precedente conflitto ha dimostrato di potersi tenere con poche truppe  per ben tre anni. I tedeschi hanno quindi una soluzione di riserva nel caso di caduta della linea gotica. Preferiscono tuttavia tenere la valle del Po perchè i centri industriali sono diventati importanti nell'economia di guerra. Un esempio: dopo i bombardamenti su Schweinfurt gli stabilimenti di Villar Perosa producono 1/4 di tutti i cuscinetti a sfera del Reich.
  • Ma per permettere la ritirata sulle Alpi i partigiani devono essere sconfitti, annientati. Soprattutto in Veneto e Friuli dove passano le principali vie di comunicazione con la Germania e dove, alla peggio, passerà il fronte di resistenza tedesco.
  • Per questo obiettivo Kesselring raggruppa una massa strategica in funzione antipartigiana composta da tedeschi, ucraini, fascisti. Questa massa ammontante a circa 35.000 uomini, fortemente mobile e molto armata, seppure con armi leggere, partirà dall’oriente e spazzerà senza pietà le zone partigiane. Il movimento deve essere annientato, deve essere seminato il terrore in modo che non possa risorgere.
  • Comincia questa strategia a giugno con il rastrellamento sull’altopiano di Asiago che è una specie di prova generale, nei due mesi di Agosto e Settembre si hanno quindi i grandi rastrellamenti del Friuli, del Cansiglio, di Posina, di Valdagno, del Grappa per proseguire poi con quelli verso le zone libere dell’Emilia, del Piemonte e dell’Ossola. In vista di questa offensiva antipartigiana, scientificamente progettata, i territoriali debbono occupare le posizioni di partenza dei successivi rastrellamenti. Abbiamo allora, per restare nella provincia di Vicenza, i  rastrellamenti preparatori di Malga Zonta, Crespadoro e S.Pietro Mussolino.

 

 

E’ servito il sacrificio di Bruno Viola e degli altri?

Nel quadro generale appena descritto no. Venne conquistata dai tedeschi una base di partenza importante per il rastrellamento di Posina. In un’ottica di tattica più ristretta la resistenza del marinaio e dei suoi  compagni impedì ai territoriali di arrivare all’orlo dell’altopiano e di occupare gli accessi alla conca di Posina (grossomodo di presidiare le linee di resistenza italiane del fronte della prima guerra mondiale). Mise in allarme il comando di Posina che prese le misure per sganciarsi con successo al rastrellamento successivo.

 

Base tuono

Nel dopoguerra sull'altopiano venne realizzata una base per l'antiaerea dotata di missili Nike Hercules; fu l'unica base di tale tipo a non avere ordigni nucleari data la difficoltà di trasporto/allontanamento (questo secondo la rivista "eserciti nella storia"). 
Oggi sul terreno della ex base è stato realizzato un bellissimo laghetto artificiale che, d'inverno, fornisce acqua per i cannoni sparaneve del vicinissimo comprensorio sciistico di passo Coe
http://www.basetuono.it/slideshow/p009_0_1.jpg

 

I missili oggi non più attivi sono parte del parco stesso