BRUNO CARDINI

Libera_mente

EROI DEL I945

Nel 1945 operai e tecnici salvarono dalla distruzione il patrimonio industriale italiano. C’è qualcuno che se lo ricorda o, nell’imperante revisionismo storico anche queste cose sono dolosamente e scientificamente dimenticate? Chiacchere, vuote vanterie per acquisire meriti hanno detto, dicono e diranno i vili di sempre; quelli per i quali il coraggio è sempre un elemento di disordine.

La portaerei Aquila affondata da incursori della marina del SUDEppure tutte le macchine utensili della FIAT erano nelle gallerie delle gardesana occidentale, sorvegliate dai monti da un pugno di partigiani pronti ad interrompere al minimo movimento le strade e le ferrovie che lle avebbero portate in Germania. Eppure il capitano di vascellio Berninghaus era responsabile della totale distruzione del porto di Genova per il quale aveva progettato l’affondamento della non terminata portaerei Aquila alle bocche di porto, per il quale aveva minato tutti, ma proprio tutti i moli e gli apparecchi di sollevamento e le gallerie che da Genova andavano alla pianura padana.
E se qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla ferocia della vendetta del tedesco sconfitto poteva guardare a quanto era successo a Napoli 20 mesi prima quando erano state fatti saltare l’acquedotto e l’intero sistema fognario.

Che l’ipotesi della distruzione dell’apparato industriale da parte dei tedeschi non fosse una mera possibilità lo si era visto anche nel campo delle comunicazioni durante la ritirata a Nord di Roma: due locomotori in tandem trascinavano un vomere che si piantava dietro di loro spezzando traversine e torcendo rotaie; tra due ipotetiche linee Pisa-Rimini e Orbetello-Ancona non rimase un metro di linea ferroviaria ininterrotta e la ricostruzione dei collegamenti  tra nord e sud durò fino al tardo 1947.
Non fu difficile far accettare ai partigiani comunisti un semplice sillogismo: senza le fabbriche non vi era classe operaia, senza classe operaia non vi poteva essere Partito Comunista, quindi le fabbriche andavano difese anche se erano di odiati padroni.
La cosa straordinaria fu però l’unità che si venne a creare tra partigiani, operai, tecnici e ingegneri attorno alla difesa delle fabbriche: chi ne ha voglia si legga il documento del Partito di Azione sulla difesa delle centrali e degli invasi idroelettrici e rifletta come una minoranza con alto contenuto tecnico seppe dare le giuste indicazioni e creare alleanza con i partigiani di montagna.
Chiacchere, fole, fantasie. Non è mai esistito un pericolo di distruzione delle fabbriche e degli impianti ha ripetuto per anni la feccia parafascista. Eppure abbiamo la controprova: a Verona dove il moderatismo cattolico tentò di impedire l’insurrezione bastò una kubelwagen con due (diconsi due) soldati per far saltare tutti i ponti della città.
Quindi onore agli eroi del 45, non solo a quelli che hanno combattuto e spesso sono morti nella battaglia finale, ma anche all’ignoto operaio che si recò nella propria fabbrica, spesso disarmato o poveramente armato, e innalzando una bandiera rossa qualificò la stessa come festung (fortilizio) attorno alla quale, credendola difesa, sciamarono i tedeschi in ritirata che, altrimenti, come spesso accadde, l'avrebbero incendiata e distrutta